Tra ulivi, viti e meloni, le passioni di Bartolo in contrada Burrumia

Ulivi, viti e meloni, la vita di Bartolo in contrada Burrumia

Bartolo, all’anagrafe Bartolomeo. Laureato in Scienze Politiche. Per lungo tempo fuori casa, tra Roma e l’Abruzzo. Rientra nel 1996 nella sua Trapani, in Contrada Burrumia e qui resta, coltivando meloni gialli, vigna e uliveti. Tra l’amore per la terra, una cultura universitaria e il piglio imprenditoriale mette in piedi anche l’Agriturismo Piana di Borromeo. Da un papà agronomo e nonni agricoltori, l’amore per la terra non poteva di certo saltare una generazione! Il nonno paterno Bartolomeo, da cui lui prende il nome, era un gabbelloto, chiamavano così coloro che utilizzavano per la coltivazione terreni propri e terreni in affitto. La gabella era infatti il canone d’affitto. Il nonno materno Lorenzo emigrò a Toronto, in Canadà, come la chiama Bartolo, tornò in Sicilia da adulto con i fratelli e acquistò a Trapani 350 ettari di terreno. Buon sangue non mente!

Coltivazioni, potature, la bellezza e la difficoltà della vita di campagna

Io sono un agricoltore. Fiero e appassionato del mio quotidiano, faticoso ma ricco di emozioni. Oggi le cose sono cambiate. Lo erano già prima della pandemia, ma oggi lo sono ancor di più e in peggio. Il lavoro è sceso. La commercializzazione dei prodotti italiani è stata soppiantata da quelli stranieri. La mia produzione è andata con il tempo diminuendo. Oggi il costo di una giornata per la potatura delle olive è altissimo. Si parla di un costo tra gli 80 e i 100 euro. Così ho valutato l’idea di farlo anche io. Di diventare potatore. Non solo per il mio terreno. Ma per tutti coloro che ne avessero bisogno. D’altronde è il mio lavoro e sono un professionista. Conosco le piante. So bene come amarle e come trattarle. C’è poi un altro aspetto qui in Sicilia, i terreni hanno una coltivazione mista tra ulivi e viti. Io ho imparato a trattare entrambe le piante.

Raccontacele

Ho cinquecento ulivi. La Biancolilla, una delle varietà più antiche tra quelle attualmente esistenti negli uliveti italiani. È un cultivar autoctono siciliano. È molto apprezzata per la propria grande produttività e per la sua rusticità. Essa deve il proprio nome al fatto che durante la fase di maturazione la drupe, ovvero il chicco, passa dal tipico colore verde del frutto acerbo a una tonalità di rosso tendente al violaceo. Gli olivi Biancolilla sono delle specie autofertili, cioè non necessitano di impollinazione da parte di altre cultivar e per questo motivo vengono spesso utilizzati come impollinatori per la Nocellara del Belice che è invece autosterile. Ho poi la Cerasuola un cultivar con vocazione esclusivamente olearia e, grazie all’ottimo rapporto tra polpa e nocciolo, la resa è piuttosto alta in quanto può raggiungere anche quote del 20%. Biancolilla e Cerasuola sono le cultivar base dell’olio extravergine delle Valli Trapanesi Dop. Un olio speciale, di un colore verde intenso con decisi riflessi giallo dorati. Si caratterizza per l’odore fruttato di media intensità. Oltre a essere dotato di ricchi sentori di pomodoro e note balsamiche, ha un gusto fruttato caratterizzato da erbe officinali.

Cosa contraddistinguere il tuo olio?

Noi facciamo un olio in cui l’amaro e il piccante sono equilibrati e ben distribuiti. È totalmente diverso dall’olio toscano. Raccogliamo molto precocemente le olive, proprio perchè così abbiamo il frutto migliore. Già a metà ottobre siamo sui campi con teli e pettini elettrici. Facciamo delle moliture frequenti, obbligatoriamente entro le quarantotto ore. Le olive non si devono surriscaldare! La resa è in genere del 12%.

E le altre coltivazioni?

Ho anche la vigna, ma le uve che produco le conferisco alla cantina sociale. Le mie uve, sono quelle tipiche del territorio: nero tavola, grillo e zibibbo.
Viti e ulivo non sono i soli frutti della terra che caratterizzano la mia giornata, ci sono anche i meloni gialli. Li produco per la grande distribuzione, purtroppo ora la produzione è scesa…

Arriviamo alla domanda principale dell’intervista, come funziona la potatura dalle tue parti?

Paese che vai, potatura che trovi! Tenuto “aperto” il centro della pianta, si eliminano i rami che salgono verticalmente, detti in dialetto “mascolini”, ovvero i maschi che non producono frutto. Si privilegiano, nella crescita, i rami superiori come fossero una corona. Si tengono tutti alla stessa altezza, non molto lunghi e non molto bassi. Ciò che è importante è che la pianta vegeti e rigeneri le parti tenere creando nuove fronde. Perché altrimenti la pianta tende a rinsecchirsi.
Le frasche tagliate non vengono bruciate ma sono riutilizzate dai forni. Per noi è proprio una tradizione quella di riutilizzare le frasche, tanto che ci sono delle macchine che ci fanno delle piccole balle che vengono poi vendute ai panifici. Un pane cotto con le frasche degli ulivi ha un sapore pazzesco, la differenza si nota!

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