La birra di Giuseppe è agricola e un po’ polemica… Lui è un artista e un informatico insieme. Questa è la sua ultima e affascinata tappa nel suo mondo professionale..
Dall’arte ai computer, per finire con la terra. Il suo percorso è stato davvero particolare. C’è un filo comune che lega questi universi, apparentemente così distanti?
In fondo credo di sì. Dalla terra si acquisisce la pazienza di saper cogliere il momento giusto per passare all’azione, dall’arte la frenesia di vedere finita l’opera dal momento in cui arriva l’ispirazione, mentre l’informatica ti insegna l’analisi e le priorità; il più piccolo ed insignificante dei problemi, se non risolto, rischia di bloccarti l’intero processo.
Quello per la terra è un richiamo che si è sviluppato nel tempo, oppure c’è un legame che l’ha sempre accompagnata in questi anni?
La terra intesa come passione per l’agricoltura ce l’ho nel sangue. Dalle mie parti, è bene sottolinearlo, parliamo di una terra difficile da lavorare, quindi si tratta di una specie di una missione: se vuoi salvare la tua terra devi cercare la qualità. La nostra eccellenza è da sempre la coltivazione dell’olivo, ma da solo non basta più.
Da qui l’idea di cercare una nuova strada
Esatto. E’ per questo motivo che ho deciso di coltivare le materie prime, orzo e luppolo, che servono per produrre la mia birra. L’ho chiamata “Boerboel”, con una leggera vena polemica.
Che significato ha questo nome?
Il boerboel è una razza canina del Sudafrica allevata dai coloni per difendere il territorio dai predatori. In pratica ho cercato di mettere in moto un sistema con lo scopo di tramutare un bene come la terra, che se lasciato a se stesso sarebbe rimasto solo una proprietà, in una possibilità di lavoro: non per lucrare, ma da condividere.
Perché ha deciso di coltivare il luppolo?
Le materie prime per produrre birra sono acqua, orzo (malto d’orzo), luppolo e lievito. Nella mia azienda i cereali e l’acqua sono sempre stati presenti. La vera novità è stata quella di coltivare il luppolo: un elemento indispensabile, a mio modo di vedere, per potersi definire “birra agricola”.
Cosa significa birra agricola? Che differenze ci sono con le birre artigianali?
Nel procedimento la birra agricola è uguale a quella artigianale, non filtrata non pastorizzata. La differenza sta che le materie prime debbono essere coltivate in azienda, il che rappresenta il suo limite ma anche la sua forza; da noi il luppolo viene usato direttamente e senza nessuna trasformazione, e non è birra se non ce luppolo.
Come si coltiva? Ha delle particolarità?
La coltivazione del luppolo necessita di un impianto importante, simile a una vigna, con pali molto alti. Il luppolo è una pianta perenne che si sviluppa da aprile a settembre arrivando ad una altezza di otto metri. Questo è anche il periodo del raccolto, ovvero la fase più delicata; del luppolo viene raccolto il fiore che deve essere lavorato velocemente: va essiccato, congelato o pellettizzato. La pianta del luppolo che si coltiva è quella femminile; il fiore non deve essere fecondato perché darebbe un sapore disgustoso alla birra, quindi bisogna stare molto attenti che intorno all’impianto non ci siano degli esemplari maschi.
Qual è la filosofia alla base di questo progetto così ambizioso?
Nel 2014, partendo dalla necessità di trovare una produzione che potesse integrare l’olivo, scoprì casualmente che una mia amica aveva richiesto un finanziamento per produrre birra artigianale ed era partita per questa avventura. Cominciai a pensarci anche io, pur non sapendone praticamente nulla! Iniziai così ad adeguare la terra non coltivata a olivi alla coltura dell’orzo e del luppolo, avvalendomi dell’appoggio dell’Università di Agraria di Viterbo. Nel 2015 c’è stata una tappa fondamentale, quando conobbi Danilo Cipollini, grande esperto del mondo della birra, dalla produzione alla commercializzazione, passando per la qualità. Nel 2016 frequentai il corso di birraio all’università di agraria di Perugia, e nel mentre Danilo mi fece conoscere tre ragazzi – Filippo, Matteo e Riccardo – proprietari del birrificio Oltremondo, dove da allora produco la mia birra. La cosa particolare è che ci siamo incontrati partendo da due posizioni diverse: io sono partito dalla terra ed ho trovato la birra, loro invece sono partiti dalla birra per arrivare alla terra, infatti hanno una bellissima azienda agricola! Oggi facciamo parte dello stesso consorzio, il COBI, dove portiamo a maltare il nostro orzo. L’altra figura fondamentale è stata mia figlia Francesca, perché nel momento decisivo si è schierata dalla mia parte; ma sono state importanti anche tutte quelle persone, tra cui mia moglie Laura, che mi hanno criticato in maniera costruttiva, permettendomi di non essere mai superficiale.
Cosa cambieresti oggi del tuo percorso e cosa vedi nel tuo futuro?
Da quando l’ho pensato, questo progetto, ad ora che siamo appena partiti, di cambiamenti in corso d’opera ne sono stati fatti tanti. Per quanto riguarda invece il futuro… siamo nelle mani del Signore!
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