E’ una tradizione trasmessa di padre in figlio, di famiglia in famiglia. Un rito quasi privato al quale accostarsi, da turista, con grande rispetto e discrezione.
Viene da lontano, la Pasquarella, quando i paesi amavano ritrovarsi attorno a una tavola collettiva imbandita con generosa partecipazione e spirito di comunanza grazie allo sforzo di tutti.
Funziona così: si parte che è tardo pomeriggio, quando il sole sta calando oramai dietro ai monti. Una chitarra ad accompagnare le voci della combriccola che se ne va lungo i vicoli del paese bussando di casa in casa. Il repertorio è quello che è, non ricchissimo, ma neanche povero. Si scava nella memoria collettiva. Emergono i ricordi del tempo che fu, le canzonature, i soprannomi, le storie e le leggende del luogo.
Chi è là, sa. Sa assegnare facce e volti ai soprannomi, colloca le storie nei luoghi del territorio circostante. Ricorda, sorride, a volte riflette su quello che era il bel tempo che fu. Un amarcord, sereno, tuttavia. Guidato dalle voci della combriccola e dalla chitarra che accompagna i suonatori di uscio in uscio. La voce è importante, questo sì. Ma lo è anche il sapersi rendere interprete di questa storia cantata. Cantastorie, dunque. Con una certa capacità di reggere il vino, chè, a una certa ora, la voce si impasta, il passo si fa incerto, le luci dei lampioni iniano a traballare laggiù. Ma si va avanti, fino a notte inoltrata e oltre. Si spalancano le vecchie porte nei vicoli. E la combriccola entra, il passo sempre più malfermo, per fare la sua cantata. E ricevere, in cambio, qualcosa: una bottiglia di vino, un salame, un formaggio, un po’ di sugo, la pasta, rigorosamente fatta a mano. Piano piano, il menù si va componendo. Ricco, vario e collaborato. Quello che non c’è si fa. IL menù cresce così, di ora in ora.
Si va a letto che ancora non albeggia, ma siamo lì. Poche, pochissime ore di sonno, mentre le voci e le note finiscono di perdersi fra i vicoli pietrosi. Ma è già l’alba. E da qualche ora c’è chi – l’allegra combriccola della sera precedente – ha già acceso il fuoco e termina gli ultimi preparativi. Ecco, ci si può sedere tutti intorno al tavolo. Si mangia, gomito a gomito, con i propri paesani.. Tutti insieme. Un intero paese seduto allegramente fianco a fianco. Ognuno ha dato del suo a quei cantastorie che ieri sera bussavano, cantavano e poi se ne andavano portandosi via pezzi del pranzo del giorno dopo. Ecco la tavola imbandita, le storie che si raccontano sono quelle della notte precedente. Che poi sono quelle del passato. Un passato che era la Pasquarella. E che ancora oggi è.