Abbiamo incontrato Luca Darin, genovese di nascita nicaraguense di adozione. Luca ha portato in Nicaragua un pezzo d’Italia e d’italianità. Qui gestisce un ristorante e una pizzeria con sua moglie e ha creato un allevamento di bovini con cui produce formaggi eccezionali, col “metodo italiano”.
La prima domanda è praticamente d’obbligo: come è nata la scelta di stabilirsi in Nicaragua?
E’ nata dalla scoperta di un Paese nel quale, rispettandosi gli uni con gli altri, si scopre che siamo tutti parte dello stesso “mondo” e che si può convivere aiutandosi reciprocamente, senza dover necessariamente pretendere niente in cambio. Il Nicaragua è un luogo nel quale uno straniero non vive la brutta sensazione di sentirsi “diverso” per abitudini, colore della pelle o credenze religiose. Ed è un Paese dove i soldi non sono tutto, ma vengono dopo valori più importanti.
Da qui la voglia di cimentarsi con la produzione, inizialmente per uso proprio, di prodotti tradizionali del Bel Paese.
Già, ed anche da questo punto di vista è stata una bella scoperta: con le materie prime di un posto così lontano dalla mia terra di origine, è stato possibile produrre formaggi e salumi che mi ricordano l’Italia.
Non deve essere stato facile all’inizio…
Tutt’altro. E’ stato molto complesso arrivare a realizzare prodotti che si avvicinassero a quelli italiani per gusto e qualità. Ma la voglia di riuscirci è stata più forte dello sconforto che derivava dai primi esperimenti poco soddisfacenti. Ed ora vedere i sorrisi di tutte le persone che assaggiano i miei formaggi e i miei salumi mi ripaga di tutti gli sforzi fatti: “non ha prezzo”, come dice una famosa pubblicità!
In Italia molti giovani si stanno riavvicinando ai lavori agricoli.
Questo non può che farmi felice perché si tratta di un ritorno ai valori veri della vita, alla gioia di veder crescere ciò che si semina. Mi creda, non c’è nulla di più soddisfacente che consumare un prodotto frutto del proprio lavoro: in quel momento non si mangia del semplice cibo, ma si assapora anche l’amore che si è dispensato per produrlo.
Cosa si sente di suggerire a un giovane che intraprende ora questa strada?
Innanzitutto di non mollare davanti alle prime difficoltà che, inevitabilmente, l’inesperienza riserverà. E poi di fare questo lavoro sempre col cuore, concentrandosi su pochi prodotti il più possibile vicini alle proprie radici, pur restando sempre aperti al confronto con le altre tradizioni. Insomma, in bocca al lupo a tutti!