Tutte un po’ lo siamo, perché essere streghe è uno stato dell’animo, del cuore e della mente. È una sensibilità e sensitività molto sviluppata. È la consapevolezza che non c’è un mondo umanicentrico, ma anzi, esiste un mondo in cui la natura è molto più forte. È una predisposizione verso l’animismo. È la consapevolezza che tra “qua e là’” c’è sempre una porta aperta.
Queste sono le streghe, e se son solo donne “Ça va sans dire”…
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Ebbene. Se l’attacco ti ha introdotto un pochino nel mondo delle streghe… ora sprofonderemo insieme nel fascino delle loro vite, grazie al Museo di Pejo, dove Vittorio, prof alle scuole medie di lavoro ed etnografo per passione, ha realizzato un piccolo museo dedicato alla magia e alla stregoneria. Vetrina dopo vetrina. Ammennicolo dopo ammennicolo. Eccoci. Tra loro. Tra le streghe.
All’ingresso un’insegna piccolina, anzi due, ma sono talmente piccoline che farete difficoltà a vederle, hanno l’immagine di una streghetta con il suo fedele amico gatto. Che sia stregato o meno questo luogo non so dire. È di certo “magico”. A renderlo tale sono le storie che racconta, gli oggetti che, teca dopo teca, tratteggiano un passato nemmeno troppo lontano.
Il pezzo forte del Museo è Vittorio. Cuore e memoria. Impegno e dedizione del museo nato per raccontare la vita delle streghe. Vittorio vi seguirà. E vi narrerà con dovizia di particolari, ogni piccolo oggetto.
Laggiù un teschio in cera, perché la chiesa non consentiva di avere in casa il teschio del defunto, ma di sottecchi in quello in cera era nascosto un frammento di osso del defunto.
Poi ci sono i ramoscelli di menta… meno emozionanti ma sappiate che ognuno di essi darà un tocco di magia al vostro amore, al vostro umore e chissà… anche ai vostri desideri!
La raccolta delle erbe ha una lunga storia. Nella pratica medica popolare era diffusa una farmacologia arcaica di origini preistoriche che poneva in relazione il mondo vegetale a quello astrologico in connessione con il calendario contadino. Le guaritrici di campagna sapevano raccogliere le erbe giuste nel momento giusto in modo da non vanificarne le proprietà. Questa pratica che oggi è valutata con maggiore attenzione ai tempi metteva in relazione le donne con la magia nera. Praticamente l’erborista andava al rogo!
Tra i reperti c’è un manico di pugnale rituale indonesiano.
In una cornice ovale ci sono i capelli di Isabella Donizzetti. Aveva 19 anni quando fu accusata di stregoneria in una Bolzano del 1787. Era nei capelli la forza delle streghe. Per questo glieli dovevano tagliare.
Nella Lessina veronese fino agli inizi del novecento vi era l’incantesimo della bottiglia. Nel museo ve ne è testimonianza!
Se foste vissuti in Val di Non nel 1612 e vi fosse capitato di perdere il classico mazzo di chiavi, niente paura, per ritrovarlo c’era il metodo rabdomantico con il pendolino magico, è nella teca del museo! Ovviamente anche per questo arrivò puntuale la condanna della Chiesa.
Prima di andar via offrite un pensiero alle streghe “cadute”. Il loro elenco, lungo e commovente, lo troverete al termine del breve e intenso percorso sulla vostra destra.
Buon Museo delle Streghe a Pejo
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