Oggi le colline dell’Oltrepò Pavese non sono più famose solo per il loro vino. Negli ultimi anni infatti sono nate alcune nuove produzioni di nicchia che non solo hanno diversificato i mercati ed arricchito la biodiversità della zona, ma almeno in un caso hanno contribuito anche al recupero di una tradizione gastronomica dimenticata del territorio.
È il caso dello zafferano, sostanza derivata dai pistilli essiccati del crocus sativus, pianta bulbosa che, dopo essersi diffusa in area mediterranea dall’Asia minore, approdò nel medioevo anche nel nord Italia per essere utilizzata come sostanza tintoria in pittura e, da qui per dare colore al cibo, come ci insegna la leggenda della nascita del risotto alla milanese.
Il nostro viaggio tra le coltivazioni oltrepadane di zafferano quest’anno ci porta a Zavattarello, borgo storico dominato dal possente castello Dal Verme ed incastonato nel verdeggiante paesaggio dei colli della Val Tidone. Si tratta di una zona lontana da grandi centri urbani e dalle coltivazioni intensive, poco popolata e così incontaminata da essere diventata un paradiso per apicoltori e farfalle.
Alcuni ancora ricordano che all’inizio del secolo scorso vi era presente una coltivazione di erbe officinali e crochi da zafferano che beneficiava della buona esposizione, pendenza e ricchezza naturale del suolo.
Ed è proprio con l’intenzione di recuperare questa tradizione che la giovane imprenditrice Katiuscia Girgenti ha recentemente rimesso in produzione alcuni appezzamenti abbandonati posti su un’assolata cresta sulla riva destra del Curone, ottenendo uno zafferano biologico di alta qualità che ha affiancato una già consolidata attività di apicoltura.
Zavattarello è un borgo duecentesco dominato dal castello Dal Verme, musei, chiese: bellezze artistiche ricche di storia e di fascino. È davvero uno dei borghi più belli d’Italia. A parte l’oggettiva bellezza ha un’aurea di magia, dominato dal castello perfettamente conservato e valorizzato, a picco sulla cittadina, alla fine di una rapida salita nel verde. Il Castello Dal Verme è il tipico esempio di rocca fortificata originariamente nata a scopo difensivo e di presidio militare, per poi accentuare nel tempo la propria funzione di dimora signorile.
Pressoché imprendibile grazie alla posizione e alle poderose mura il castello mostra ancora oggi queste caratteristiche, facendosi tuttavia raggiungere docilmente e senza difficoltà grazie alla ripida stradina lastricata (che consiglio di percorrere a piedi).
Suggestivi i vari scorci e le merlature ghibelline a coda di rondine, interessanti gli ambienti interni, ampia e spettacolare la magnifica vista panoramica sulla Val Tidone, l’Oltrepo pavese e la lontana pianura.
Tra i musei da non perdere c’è il “Magazzino dei Ricordi” di Bruni Virgilio che consente allo spettatore la visione di oltre un secolo di tradizioni e che testimonia la lunga, ricca, sofferta storia del lavoro e della fatica dell’uomo.
La ricostruzione di ambienti emblematici ci riporta in un mondo da non dimenticare e da conservare con la collaborazione di tutti: un passato che arricchisce il nostro presente e anche il nostro futuro.
Da non perdere l’Oratorio di San Rocco risale al XIV secolo ed era originariamente parte di un monastero cistercense, purtroppo ora scomparso. L’altare maggiore è in legno dorato, con una superba ancona tardo barocca che Ambrogio Corona (in “Zavattarello perla dell’Oltrepò”) ha definito “un capolavoro dell’arte barocca”. In questa chiesa si trova conservata una statua del XVI secolo raffigurante la Madonna del Rosario con il Bambino. Notevoli le quindici tele della “Via Crucis”, attribuite alla scuola di Tintoretto.
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